a cura di Roberto Ostellino
Per cambiare orizzonti, evitando i soliti panorami, ho deciso di esplorare i “Monti Pelati e Torre Cives“, una Riserva Naturale Regionale piemontese, situata in bassa Valchiusella (Canavese) non distante dai celebri borghi di Agliè e Castellamonte (riserva di cui vi darò presto notizia con un articolo dedicato).
Lungo il pendio di questa interessante formazione geologica che è la Riserva, scorgo folti cespuglietti di pungitopo (Ruscus aculeatus). Questa pianta viene spesso descritta nei libri e nelle guide naturalistiche come una specie mediterranea, tipica di climi più caldi e miti del nostro. In realtà il pungitopo, pur non essendo comunissimo nei nostri boschi, è comunque più frequente di quanto si possa pensare: lo troviamo a medie e basse quote, all’interno di boschetti radi di roveri e roverelle, con una spiccata preferenza per i versanti ben esposti a sud e per quelle vallate dal clima mite anche in inverno (bassa Val di Susa, basse Valli di Lanzo ecc.).
Guardando le piante da vicino, mi accorgo che sono in fioritura avanzata e che su alcuni individui sono già comparse le famose bacche dal tipico colore rosso acceso.
I fiori di queste piante sono curiosi e meritano di essere di essere descritti, ma l’aspetto più sorprendente del pungitopo è la storia nascosta in quelle “foglioline” appuntite a cui si deve il suo nome.
Andiamo con ordine però, il pungitopo è una specie dioica, ciò significa che esistono individui che portano solamente i fiori maschili e altre piante che mostrano i soli fiori femminili. Nel mondo vegetale, la separazione dei sessi su individui diversi non è una soluzione molto frequente, come avviene invece nel regno animale.
Nelle piante è molto più diffuso l’ermafroditismo, stato nel quale il fiore presenta contemporaneamente sia gli organi maschili che quelli femminili. Esistono inoltre specie monoiche, in cui lo stesso individuo porta sia fiori maschili che femminili ma distinti e spesso collocati in punti differenti della pianta e distanti fra loro.
Nella fotografia qui sopra si possono ammirare alcuni fiori femminili ancora evidenti e altri che si stanno già trasformando nella futura bacca, che aumenterà di dimensione e si colorerà di un rosso acceso.
Agli osservatori più attenti non sarà forse sfuggita una curiosità: i fiori sembrano “appoggiati” direttamente sulle foglie!
La stessa cosa vale ovviamente anche per le bacche che non sono attaccate al classico picciolo come in molte altre specie ma sembrano letteralmente incollate sulla superficie delle foglie.
Ma ora veniamo alla vera sorpresa del pungitopo: quelle che fino ad ora abbiamo chiamato impropriamente “foglie” e che sono certo, la maggior parte di voi ha interpretato come tali, sono in realtà una delle tante magie trasformiste del mondo botanico.
Innanzi tutto, come ci insegnano i botanici, dovremmo chiamarle “cladodi” e non foglie (al massimo cladofilli ma mai foglie!). I cladodi non sono altro che rametti modificati e che hanno assunto una forma piatta e ovale, terminando con una spina acuminata.
Le vere foglie sono piccolissime e si trovano all’ascella dei cladodi ma scompaiono prestissimo durante lo sviluppo vegetativo della pianta.

dettaglio di fiore femminile e dei cladodi. Si intravede in alto a destra una foglia alla base di un cladodo.
L’ultima curiosità è legata al nome popolare: “pungitopo” sembra derivare dall’utilizzo che ne veniva fatto dai contadini. Per difendere formaggi e salumi conservati nelle dispense, venivano usati rametti di pungitopo che dovevano scoraggiare i roditori, grazie ai loro cladodi pungenti.